16 NOVEMBRE, 2021
Prologo
Il pensiero è la prima e imprescindibile dimensione spirituale dell’uomo. In tutte le tradizioni religiose e filosofiche la mente è lo spirito umano. L’uomo è spirito, non solo corpo.
Ognuno di noi è stata pensato da Dio.
Il pensiero è sempre generativo. È partecipazione all’incessante e potente opera di creazione che Dio affida all’uomo e che segna il progresso o il regresso dei popoli.
Dunque, “connettere le menti” è riaffermare il “potenziale spirituale” che è nell’uomo e che vale al di sopra di ogni appartenenza religiosa, culturale, etnica.
«Il pensiero fa la grandezza dell’uomo. Tutta la nostra dignità consiste nel pensiero».(Blaise Pascal, in “Pensieri”, 346-347).
Si “connettono davvero le menti” se si ridà primato spirituale all’uomo.
Si «costruisce davvero il futuro» se si ridà primato a processi che generino il bene comune, le buone idee che promuovono l’uomo, la sua dignità, la sua qualità di vita, il suo anelito alla felicità.
«Si può resistere all’invasione degli eserciti; non si può resistere all’invasione delle idee» (Victor Hugo, in “Storia di un delitto”).
Il mondo necessita di visione.
Servono leader che siano “uomini e donne di visione”.
I popoli periscono per mancanza di visione.
«Il nostro potere scientifico ha sorpassato il nostro potere spirituale, così abbiamo missili guidati e uomini senza guida» (Martin Luther King).
“Connettere le anime”, allora, è una bella occasione per mostrare “l’affetto” che abbiamo per il futuro dell’uomo. Possiamo dare “un cuore”, dunque un sentimento profondo – profondo quanto il pensiero – all’agire dell’uomo, al suo “successo” nella storia.
«Cerca di diventare non un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore» (Albert Einstein).
L’uomo vale quanto vale il suo cuore.
Vale a partire dal dono di sé, dalla propria passione per l’uomo, specie se questa passione è generata dalla fede in Dio.
“Connettere le anime”: investire sul capitale spirituale
Expo Dubai 2020 ci dà la grande occasione di cominciare a parlare o di parlare di più di capitale spirituale e non solo o soltanto di “capitale finanziario”.
Occorre dire a voce alta: “Fuori da Dio non c’è futuro umano”; e dirlo a quanti invece affermano: “Fuori dal capitale non c’è sviluppo”.
San Giovanni Paolo II scriveva: “La principale risorsa dell’uomo è l’uomo stesso” (Centesimus Annus, 32). Quale uomo? L’uomo creato secondo Dio, associato da Dio alla custodia del creato e alla promozione dei propri simili, a partire dai più piccoli e sofferenti.
Non può esserci né convivenza pacifica, né giustizia sociale sulla terra senza nuovi paradigmi spirituali, senza un nuovo respiro teologico a base dello sviluppo sociale dei nostri Paesi; nuovi paradigmi spirituali che sovrintendano alle nostre relazioni umane, perché esse siano davvero umane e non disumane.
È questo che ci hanno testimoniato e insegnato Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb con il Documento sulla Fratellanza Umana, firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019.
Cari amici, l’uomo deve tornare a essere umano e a incrementare il proprio capitale spirituale se vuole aumentare in dignità e valore, se vuole tornare a vivere in armonia con Dio, con se stesso, con gli altri, con il creato.
La crisi del mondo moderno è crisi di amore in Dio, in Dio amore; dunque, di amore per l’uomo in tutte le sue espressioni e dimensioni storiche.
La Sacra Scrittura dice: “Chi non ama, non conosce Dio” (1 Gv 4, 8).
La modernità ha commesso il grande errore di divinizzare l’uomo e di materializzare Dio: abbiamo dato enfasi e cittadinanza ai valori mondani e materiali piuttosto che ai principi supremi e trascendenti che derivano dalla fede in Dio!
E così Dio è stato esiliato dall’uomo e non potrà fare ritorno all’uomo se non attraverso l’uomo stesso, tornando a parlare all’uomo della bellezza della fede, della morale religiosa, dell’amore di carità.
La crisi è spirituale: dall’amore del potere al potere dell’amore
“Connettere le anime” significa cercare una nuova unità nel genere umano, un’unità spirituale, che non derivi dallo sviluppo economico o da accordi politici, bensì dalla fede in Dio.
Il mondo ha bisogno di credenti dalla fede umile e forte, fatta di sogni e di gesti concreti; una fede disarmata e benevola, che sappia trovare nuovi linguaggi per ridire Dio e per ridare Dio alle nuove generazioni.
I nostri figli sono sempre più indifferenti a Dio: non cambia molto se Dio c’è o non c’è; al meglio, Dio è un’appendice della storia.
Questo mondo ha bisogno di fede più che di denaro e potere.
Ha bisogno di fede in Dio se vuole ritrovare fiducia nell’uomo, specie in un momento di grande crisi morale, antropologica, sanitaria, ambientale come quella che tutti stiamo vivendo con la pandemia.
La crisi è spirituale! La madre di tutte le crisi che il genere umano soffre è spirituale!
La crisi della politica e dell’economia, dei sistemi sanitari e delle culture, la crisi antropologica e religiosa, sono tutte figlie della crisi spirituale in atto in modo assai netto dall’inizio del nuovo terzo millennio, crisi che non risparmia nessuno e nessuna fede.
Abbiamo preferito l’amore del potere al potere dell’amore.
Abbiamo insegnato ai nostri figli che è possibile accettare il male quando non sappiamo far vincere il bene.
In realtà, ci vuole più coraggio a essere buoni che a essere cattivi ed è più facile e comodo essere guidati dallo spirito dell’errore che dallo spirito di verità.
La Provvidenza ci sta dando una grande occasione per svegliarci dal sonno che è caduto sulle nostre responsabilità civili, politiche, educative, per avvicinarci con nuova fiducia: abbiamo bisogno gli uni degli altri, nessuno può farcela da solo, nessuno si salverà mai da solo!
Se tutto è connesso, se ogni attività umana è ormai interconnessa, ebbene noi siamo chiamati a connettere le anime, gli spiriti, i cuori, le fedi.
Il principio di fraternità, la fratellanza universale
“La fede porta a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare” (Dichiarazione sulla Fratellanza Universale di Abu Dhabi)
Non si può dire di amare il Dio che non si vede se non si ama il fratello che si vede.
Non si può dire che Dio esista nella storia se i credenti in Lui non rendono presente la Sua pace e non s’impegnano a diffonderla nella storia, superando ogni inimicizia.
Non si può credere con una fede morta e non si può amare con un cuore chiuso e diviso in se stesso. Fede e amore devono rinascere nel cuore dell’uomo se vogliamo che rinascano nel cuore delle religioni e delle istituzioni umane.
La teologia ha bisogno di conversione. Per dialogare e collaborare, le religioni hanno bisogno di passare da una teologia esclusivista, per cui il mio credo vale sull’altro, o da una teologia pluralista, in cui ogni credo vale indipendentemente dall’altro, a una teologia inclusivista, in cui una fede vige in riferimento a un’altra, con un’altra.
Dice, infatti, la Sacra Scrittura: “Per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti” (cf Rm 12 18), perché “figli del Padre vostro che è nei cieli” (cf Mt 5, 45).
Per queste ragioni le persone che hanno fede in Dio devono vivere una conversione profonda del loro cuore alla fratellanza universale.
Senza fratellanza universale non vedremo esaltata la libertà che Dio ha dato a tutti gli esseri umani. Siamo liberi di amarci, non di odiarci. Siamo liberi di costruire fraternità, non di distruggerla.
Non è vera libertà spirituale se non produce fratellanza, se non ci fa uscire dall’egoismo generazionale e dalla superbia della vita, se non ci conduce all’amore dell’altro, come regola, e alla misericordia verso l’altro, come rimedio alla violazione della regola dell’amore vicendevole.
La storia umana ci costringe ad amarci e a riconciliarci. Non possiamo più fare a meno gli uni degli altri, se non vogliamo fare di molte aree del nostro pianeta un inferno a cielo aperto!
Chi dice di amare Dio ha un diritto e un dovere.
È diritto di ogni credente, in nome della libertà religiosa, confessare la propria fede e vivere in pace senza che nessuno lo molesti.
Ed è al contempo un dovere riconoscere nel proprio prossimo qualcuno da amare o da riconciliare e così divenire parte attiva, lì dove siamo – nelle nostre città, nelle nostre comunità o organizzazioni – di processi di liberazione delle culture dai pregiudizi e di guarigione delle ferite prodotte dalle contrapposizioni e dalle violenze che sono state inflitte alla dignità di persone e popoli.
Non spetta alle fedi e alle religioni risolvere i problemi ecologici, economici, sociali di questa nostra bellissima e tormentata terra.
Ma fedi e religioni possono, devono lavorare insieme per indurre nell’uomo un processo di conversione interiore alla vera vita.
L’umanità ha certo bisogno di tante riforme politiche, ma non può più fare a meno di riformare la propria coscienza, sempre più assuefatta al male, incapace di distinguere un bene da un male.
Urge un rinnovamento spirituale, cioè forze spirituali in grado di conferire alle anime un mutamento di coscienza: troppa violenza, discriminazione, intolleranza, persecuzione, povertà permangono nel nostro mondo; troppe poche energie spirituali sono canalizzate per la soluzione delle grandi sfide aperte.
Difendere e promuovere la libertà religiosa
“Connettere le anime” significa impegnarsi nella salvaguardia di quel bene incommensurabile che è la libertà religiosa.
In nome di questo principio universale, riportato in tutte le principali dichiarazioni sui diritti umani prodotte dal 1948 ai nostri giorni e purtroppo non onorato da sistemi giuridici e legislativi, oltre che nelle decisioni politiche e nella vita quotidiana, occorre ribadire che:
“Non esiste uomo che sia più grande di un altro uomo in dignità umana, perché ogni uomo merita servizio e amore!”.
“Non può darsi professione di una sola fede, di una fede senza le altre o di una fede contro le altre, perché ogni società è per sua natura plurireligiosa!”.
“Non è mai sorto un vero credo religioso che sia avverso all’anelito alla libertà, alla giustizia, alla pace che sono nel cuore di ogni uomo!”.
Perché ci sia tutela della libertà religiosa occorre intendersi sul concetto di “umanesimo”, cioè sulla promozione umana della dignità integrale e trascendente dell’uomo.
Come ha osservato il Santo Padre Francesco: “La libertà religiosa, recepita nelle costituzioni e nelle leggi e tradotta in comportamenti coerenti, favorisce lo sviluppo di rapporti di mutuo rispetto tra le diverse Confessioni e, al contempo, una loro sana collaborazione con lo Stato e con la società politica” (Convegno Internazionale sulla Libertà religiosa, 2014).
Nessuno Stato può rivendicare una competenza, diretta o indiretta, sulle convinzioni religiose delle persone. Nessun Stato può esercitare il diritto di imporre o di impedire la professione e la pratica pubblica della religione di una persona o di una comunità.
Lo spirito di dialogo tra comunità di religioni diverse, nel rispetto e nella comprensione reciproca, deve ispirare e forgiare la politica estera di questo terzo millennio. La libertà religiosa deve essere parte integrante della politica estera, in quanto favorisce la cooperazione fra Stati.
Ogni persona deve avere il diritto di esprimere liberamente il proprio credo, non solo attraverso il culto, ma anche attraverso la partecipazione alla vita della comunità.
Non solo i luoghi di preghiera e di culto, ma i luoghi educativi come le scuole e le università, il mondo dei media e i social media, devono divenire i luoghi dove prevenire e promuovere i valori del dialogo e della tolleranza.
È questo un fondamentale messaggio che dobbiamo cercare di trasmettere ai giovani e lo dobbiamo fare investendo di più in cultura, istruzione e comunicazione. L’istruzione, più di ogni altra azione, squarcia il velo delle ipocrisie e ci insegna a perseguire il credo della tolleranza. Senza paura e ritrosie.
Non nascondiamocelo: la via della cultura è molto più forte della via dell’odio e la via della pace molto più ardua della via della violenza. Il terrorismo può prendere d’assalto chiese, moschee o sinagoghe, uccidere donne e bambini indifesi, riuniti in preghiera in un attimo di vulnerabilità, ma non potrà mai sconfiggere – nell’umanità – i più profondi e radicati valori del dialogo e della pace.
La religione è fede ma – riguardando l’uomo e il suo rapporto con Dio e con la società – è anche cultura. Quindi, la fede è identità che alimenta lo spirito di comunità.
Oggi constatiamo che c’è una reciproca sfida tra culture, religioni e diritti umani, sia a carattere globale, planetario, che a livello locale, nei contesti concreti degli Stati e delle comunità intermedie, a partire dalle famiglie, che sono il nucleo centrale delle società.
Siamo consapevoli di vivere in un processo storico di globalizzazione irreversibile, con la volontà di un incontro interculturale e nella coscienza di un comune destino di interdipendenza reciproca mondiale. Ci si domanda se l’elemento religioso può favorire o meno questa integrazione.
Epilogo
Urge creare un nuovo ethos condiviso, un ethos religioso globale, che gli uomini possano condividere alla luce delle proprie tradizioni etiche e religiose.
Un ethos “globale”, che faccia da sfondo e da fondamento alla globalizzazione dell’economia, della tecnologia e della comunicazione, fenomeni planetari che portano anche a una globalizzazione dei problemi del mondo intero, problemi che minacciano di sopraffare l’uomo.
Un ethos che sia il risultato di un nuovo dialogo da culture e religioni, tra stati e religioni, che rimetta al centro l’uomo, la questione della sua vita e non della sua sopravvivenza.
Chi non difende Dio e il creato non difende l’uomo; chi vuole eclissare Dio dalla storia, vuole espropriare l’uomo della sua dignità umana; chi pensa di potere determinare un bene per l’umanità amplificando il male e aumentando i conflitti, è il peggiore nemico dell’uomo e del suo futuro.
Le religioni hanno la responsabilità di ribadire che:
- non c’è pace fra le nazioni senza una pace fra le religioni;
- non c’è pace fra le religioni senza dialogo tra le religioni;
- non c’è dialogo fra le religioni senza un modello etico globale;
- non c’è sopravvivenza del nostro pianeta nella pace e nella giustizia senza un nuovo paradigma di relazioni internazionali fondato su modelli religiosi ed etici globali.
Noi non possiamo fare tutto, ma possiamo fare molto, molto di più! Lo Spirito di Dio apra nei nostri cuori e dinanzi a noi spazi nuovi, vie nuove per proseguire nel nostro impegno di connettere le anime.
Sì, insieme possiamo dare una spiritualità all’uomo, un’anima al mondo.
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