Editoriale
9 FEBBRAIO, 2020
Editoriale
La 68^ edizione del National Prayer Breakfast è caduta in una settimana cruciale per il presidente americano Donald Trump. All’indomani del discorso sullo stato dell’Unione, quasi tutto incentrato sui successi economici raggiunti dalla sua amministrazione, come è noto Trump è stato assolto dall’accusa di abuso di potere e di ostruzione del Congresso, compattando intorno a sé tutto il Partito Repubblicano ad eccezione del senatore Mitt Romney.
Da 20 anni sono invitato a partecipare a questo straordinario evento, il NPB, inaugurato dal Presidente Dwight D. Eisenhower. All’indomani della Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo (era il 1948), egli riteneva che fosse necessario dare un fondamento spirituale all’azione sociale e politica che regola la vita umana in ogni Paese: la fede religiosa e questa alimentata dalla preghiera, intesa come interiorizzazione vitale degli ideali universali incarnati dalla persona di Gesù e dal suo messaggio evangelico di riconciliazione e di pace, di misericordia e di giustizia sociale. Non credo che Eisenhower immaginasse la larga diffusione, oltre 150 Paesi del mondo, di questo “network di preghiera” che, nello spirito di Gesù, ancora oggi attrae e raduna leader delle più diverse estrazioni religiose e culturali.
Ma torniamo al presidente Trump. La tensione della vigilia, purtroppo, non ha risparmiato il National Prayer Breakfast. L’evento, per tradizione, si attesta come un momento di pausa dal clima di conflittualità e di scontro così spesso caratteristico del dibattito politico; anzi, sul fondamento dell’“amore per i nemici”, rappresenta una sorta di guarigione dei rapporti e di riconciliazione degli opposti in ragione dell’amicizia generata dal medesimo amore per Gesù.
Trump ha in qualche modo spento la profezia che in sé il NPB contiene e che si rinnova ogni anno, esordendo dal podio presidenziale con attacchi ai suoi avversari politici – giustificandosi con l’assunto che la fede non può mai essere schermo per compiere il male e riferendosi a quanti gli avrebbero procurato la sofferenza dell’impeachment – mostrando con fierezza le prime pagine dei giornali che lo proclamavano acquitted, assolto.
Non nascondo la sorpresa di molti leader presenti e di buona parte della stampa, che non hanno mancato di sottolineare la rottura senza precedenti dello “spirito” del NPB, acrostico che sembrava suonare come “National Political Breakfast”. Anche la preghiera elevata al cielo dalla speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi non ha di fatto vinto l’indifferenza ostentata dal Presidente.
Arthur Brooks, economista dell’Università di Harvard, autore del libro “Love your enemies” e relatore di punta di questa Colazione di preghiera, prima del Discorso del Presidente Trump ha evidenziato due elementi topici della “crisi spirituale” che attanaglia e accomuna la vita politica dei Paesi d’Occidente e Oriente: il disprezzo e la polarizzazione, causa di divisioni e d’impoverimento di un Paese. Richiamandosi all’insegnamento principale di Gesù Cristo, per l’appunto “l’amore per i propri nemici”, Brooks ha affermato:
Alcuni dicono che abbiamo bisogno di maggiore civiltà e tolleranza. Non basta affatto. Civiltà e tolleranza rappresentano uno standard basso. Gesù non ci ha detto di tollerare ma di amare i nostri nemici, rispondendo all’odio con l’amore”.
Questo annuncio evangelico dell’amore per i nemici e del “pregare per quanti ci fanno del male” è risuonato potente e applaudito come un’irrinunciabile opportunità per risanare le profonde divisioni che sono negli USA a seguito della travagliata vicenda dell’impeachment. Certo, alla luce dei fatti, un’occasione mancata, che riafferma però che esperienze nello spirito autentico del NPB debbano proliferare e che sia sempre più urgente disarmare la politica dalla violenza verbale e fattuale se non vogliamo che la società poi si armi di proteste e ribellioni, di disaffezione alla vita e al bene comune.
Difficile non scorgere negli accadimenti di queste giornate un sintomo evidente della crisi di valori e di ideali che affligge le nostre società moderne: se avanzano economie e mercati in realtà indietreggiano anime e corpi. Il Cristianesimo, che amiamo ripensare con Papa Francesco “a misura d’uomo”, non si avvale di trincee politiche, né di un “rancore generazionale” che allontana sempre più la gente dalla vera fede. Non giova, per il futuro dell’umanità, alimentare sacche d’indifferenza e di conflitto; ecco perché la speranza è che la 69^ edizione del NPB ritrovi la rotta e torni ad essere per il mondo una grande riserva di amicizia in Gesù e per quanti esercitano una leadeship una provvidenziale fonte di servizio all’uomo e alla sua dignità integrale e trascendente.
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