“L’Altra Cucina… per un Pranzo d’Amore” 2021

17 DICEMBRE, 2021

Presentazione

Prof. Salvatore Martinez
Presidente del Rinnovamento nello Spirito
Presidente della Fondazione Alleanza del RnS

Vorrei esordire salutando Papa Francesco. Oggi Egli compie 85 anni. A Lui rivolgiamo con affetto grato i nostri auguri – “ad multos annos!” – anche per avere riportato all’attenzione, in modo davvero particolare, la premura per il mondo carcerario.

Giova ricordare che tra i primi e profetici gesti del suo Pontificato, Papa Francesco fu proprio qui, a Rebibbia, il 2 aprile del 2015. Era il Giovedì Santo, Settimana Santa, per lavare i piedi a dodici detenute e detenuti.

Nella Sua Omelia, Francesco esclamò: «Gesù ci amò, Gesù ci ama! Ma senza limite, sempre, fino alla fine. L’amore di Gesù per noi non ha limiti: sempre di più, sempre di più, non si stanca di amare, a nessuno: ama tutti noi, al punto di dare la vita per noi, per tutti noi. Ha dato la vita per ognuno, con il suo nome e cognome: il suo amore è così, è personale».

Parole intense e vere, che alla Vigilia del Santo Natale di Gesù – che è la Festa della Vita, del miracolo della Vita – risuonano forti nelle nostre coscienze: amare senza limiti, amare senza avere paura di mettere in gioco la propria vita, amare tutti e personalmente, perché ognuno è sempre qualcuno d’amare!

Il tempo che viviamo, i due anni di pandemia da covid-19, hanno messo in sfida proprio la nostra capacità di amare. Come mai in passato, tutti ci siamo ritrovati privati della libertà e bisognosi d’amore; tutti più fragili, più bisognosi di famiglia, di fraternità, di attenzioni personali, di futuro: in una sola parola di vita, di vita buona, di vita giusta.

Pensiamo allora a un luogo come quello nel quale ci troviamo, a un carcere, come a un ospedale o a quei luoghi nei quali l’esperienza della privazione della libertà o del disagio o della sofferenza sono ordinari e finiscono, per contrasto, con l’esaltare proprio il valore della vita, la sfida del vivere e del non morire, del riconquistarsi il diritto di vivere, di tornare a vivere.

Sì, senza amore si muore! Senza amore la vita perde di significato e di futuro! Senza amore risultiamo incomprensibili a noi stessi e agli altri! Senza amore poniamo solo alibi e rinvii e limiti alla nostra capacità di vivere insieme, in famiglia come in società, perché l’egoismo è scuola di crudeltà e l’individualismo è il veleno dell’amore.

Nel 2020 non ci fu permesso di entrare in Carcere per proseguire la storia di “L’Altra Cucina…. per un Pranzo d’Amore”, seppure alla vigilia era tutto pronto per ritornare. La seconda ondata di covid fermò tutto.

Nel 2019 furono 12 le Carceri coinvolte, con oltre 2.000 persone detenute e detenuti serviti.

Alla vigilia di questa Edizione 2021 erano 8 le Città d’Italia che avrebbero salutato il ritorno dell’Iniziativa; ma la ripresa dei contagi e le difficoltà subentrate in alcuni Istituti hanno reso impraticabili 4 Carceri così che martedì 21 dicembre saremo qui, a Roma Rebibbia Femminile, a Milano Opera, a Cagliari e a Ivrea, con circa 800 detenute e detenuti, tanti volontari e il personale dell’Amministrazione Penitenziaria.

Desidero ringraziare il Ministro della Giustizia, il Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, i 4 Direttori delle Carceri che ospiteranno i “Pranzi Stellati” per la disponibilità e per la particolare assunzione di responsabilità nel permettere la realizzazione dell’Iniziativa, fatto davvero raro ed eccezionale, perché in tempo di covid tutto si è davvero complicato in un mondo, quello carcerario, che già di suo è molto complicato.

Vorrei anche ringraziare gli chef, gli artisti, i giornalisti, i benefattori, i tecnici, i volontari che renderanno speciale questa edizione 2021, che, fra poco, vi sarà meglio illustrata dal Presidente di Prison Fellowship International, il notaio Marcella Reni.

Il gesto che vogliamo compiere, martedì 21 dicembre, sarà davvero una “speciale visita” che credenti e non credenti, uomini e donne di buona volontà vogliono gratuitamente e generosamente offrire per un “altro Natale” all’insegna di un’“altra cucina” e di un “altra fraternità” possibili.

Ci sono forti idealità a fondamento del gesto che ci accingiamo a compiere. Siamo mossi dalla fede, non ne facciamo certo mistero; ed è in obbedienza a questa legge interiore che crediamo nelle parole che p. Ernesto Balducci amava ripetere: “Non ci rassegniamo al male” e che san Paolo, 2000 anni fa, aveva già fatto diventare una massima: “Vinci il male con il bene” (Lettera ai Romani 12, 21), come in epoca più recente Denis Diderot: “Non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene”! (in Massime e pensieri).

In un tempo che sta esaltando le diversità e che spesso non riesce ad armonizzarle o a riconciliarle, così che poi finiscono con l’entrare in conflitto, in proteste, in violenza, noi e tanti amici vogliamo ritrovare “il gusto”, “il sapore” di essere veramente uomini e donne incarnati tra le piaghe dolorose di questo nostro tempo.

Perché in realtà, con la pandemia, abbiamo visto e imparato, se ne avessimo avuto ancora bisogno, che ogni uomo, ogni donna è sempre lo spazio di un miracolo d’amore e, al contempo, ogni uomo, ogni donna fa esperienza dei suoi limiti.

Quando siamo più poveri, quando siamo nella prova, quando ci accorgiamo che da soli non riusciamo a farcela, allora impariamo a dipendere da Dio e a dipendere dagli altri, a ritrovare fiducia nell’altro. Ecco allora un’altra cucina; un altro spettacolo; un altro modo di mettere i primi a servizio degli ultimi, senza riserve, senza limiti alla generosità e alla creatività umana.

Il gesto che si prepara, contestualmente, martedì 21 in 4 Carceri d’Italia, è di grande responsabilità civile; un gesto di chiara rilevanza spirituale e sociale.

Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente l’istanza di una giustizia che sia misericordiosa, cioè profondamente umana.

Quanto è importante per le nostre società tornare ad essere concretamente “misericordiose”, soprattutto per le nuove generazioni, sempre più inserite in una cultura dello scarto, del conflitto, dell’indifferenza, della corruzione, del malaffare, che finiscono con il generare “poveri e carcerati” e incattivire il cuore della gente.

Non si può costruire una comunità umana più giusta per tutti senza un disegno solidale di Stato e di società, senza una visione chiara e integrale dell’uomo e dei suoi molteplici rapporti, a partire dalla famiglia, senza affrontare e risolvere le cause più profonde che sono alla base dell’attuale crisi, in particolare il grave calo di tensione morale e spirituale.

Staremo a tavola insieme. Non si sta a tavola con i nemici o con gli estranei. A tavola si sta con amici e familiari, con colleghi od omologhi, con persone da onorare o da ingraziarsi. A tavola si stipulano alleanze; a tavola si condivide la medesima gioia e ci si sente partecipi del medesimo affetto. Quando siamo seduti alla stessa mensa si annullano le distanze, si abbattono le barriere, ci si riconosce partecipi dello stesso destino umano, che è sempre un destino di pace.

Che tutto questo avvenga a Natale è ancora più significativo, perché il Natale di Gesù ci ricorda che Dio concede a ogni uomo la possibilità di esperimentare la salvezza dal male: se Gesù rinasce, allora non può morire la speranza, allora sarà sempre la rinascita dell’uomo, specie di quelli che chiamiamo “ultimi”, che la vita ha reso peggiori o invisibili ai nostri occhi.

Aiutiamoci, allora, e impegniamoci insieme, come credenti e cittadini, non appena a diventare più buoni e più giusti a Natale, ma a disegnare e proporre insieme, ogni giorno, cammini di redenzione umana autentici a difesa della dignità dell’uomo, degli offesi e degli offensori, dei loro figli e delle loro famiglie, perché a tutti sia data la possibilità di costruire o di ricostruire un vero destino di libertà.

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