“Lo Spirito ci fa dire e dare Dio”

7 GIUGNO, 2023

Le religioni monoteistiche, sfidate da una modernità atea, devono sempre più misurarsi con l’assenza di Dio dalla storia, con il nome di Dio estromesso come un intruso o stiracchiato per coprire ideologie o interessi di parte. Una grave situazione, che determina un vuoto soprattutto nel cuore delle nuove generazioni.

Pentecoste segna il potente ritorno di Dio nella babele di lingue e di linguaggi umani. Pentecoste è principio di riconciliazione delle fedi e delle culture; è un “evento miracoloso” che spinge ad alzare lo sguardo e a ricercare le orme dello Spirito di Dio.

S’intitola L’eclissi di Dio (1961) il libro scritto dal filosofo ebreo Martin Buber (1878-1965), in cui la questione di “Dio” viene riproposta con rara maestria e onestà intellettuale. Un testo di grande attualità, utile per rileggere la crisi spirituale dell’Occidente. Ne estrapoliamo alcuni passaggi.

Dio è la parola più sovraccarica di tutto il linguaggio umano. Nessun’altra è stata tanto insudiciata e lacerata. Proprio per questo non devo rinunciare ad essa. Generazioni di uomini hanno lacerato il nome di Dio con la loro divisione in partiti religiosi; hanno ucciso e sono morti per questa idea e il nome di Dio porta tutte le loro impronte digitali e il loro sangue.

Dove potrei trovare una parola che assomigliasse a Dio per indicare l’Altissimo? Intendo parlare di quell’Essere a cui si rivolge l’umanità intera straziata ed esultante. Quando scompare ogni illusione e ogni inganno, quando l’umanità sta di fronte a Dio nell’oscurità più profonda, gli uomini non dicono “Egli, Egli”, ma sospirano ”Tu, Tu” e implorano “Tu”; e quando vi aggiungono “Dio”, non invocano forse il vero Dio, l’unico vivente, il Dio delle creature umane? Non è forse Lui che li ascolta? Che li esaudisce? La parola “Dio” non è forse proprio per questo la parola dell’invocazione, la parola divenuta nome, consacrata per tutti i tempi in tutte le lingue umane?

Si possono comprendere coloro che propongono di non parlare più, per un certo periodo, delle “cose ultime” per redimere le parole di cui si è abusato. Ma in tal modo non si possono redimere. Non possiamo lavare di tutte le macchie la parola “Dio” e nemmeno lasciarla integra; possiamo però sollevarla da terra e, macchiata e lacera com’è, innalzarla sopra un’ora di grande dolore.

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