23 MARZO, 2022
Di Sant’Ambrogio (339/340 – 397)
Vescovo di Milano
Che cosa diremo dunque? Se il male non è increato e privo di inizio, e neppure è stato creato da Dio, da dove trae la sua essenza? Che in questo mondo vi sia il male, nessuno che ragioni l’ha mai negato, dal momento che tanto spesso si manifesta la rovina mortale in questa vita. Il male non è una realtà originale, ma una deformazione della mente e dell’animo, dovuta al loro allontanamento dal sentiero della virtù, che sorprende ordinariamente solo chi è trascurato. Perciò non dall’esterno, ma dal nostro intimo stesso ci minaccia il maggior pericolo. Nell’intimo sta in agguato l’avversario, nell’intimo è la causa del peccato; nell’intimo, lo ripeto, chiuso in noi stessi. Non perdere dunque di vista il tuo proposito, controlla il comportamento del tuo spirito; sii vigilante sui pensieri della tua anima e sui desideri del tuo cuore! Tu stesso sei responsabile dei tuoi peccati, tu sei il mandante delle tue azioni perverse, il seduttore colpevole dei tuoi misfatti. Perché tiri in ballo una natura estranea per scusare i tuoi errori? Oh! non avessi mai trascinato ivi te stesso, spinto ivi te stesso, rotolato ivi te stesso per la smoderatezza delle brame, o per quella cupidigia che ci stringe ovunque come una rete! Sì, è in nostro potere frenare le nostre brame, moderare l’ira, ammansire la cupidigia, ma è anche in nostro potere farci schiavi del piacere, accendere la libidine, attizzare l’ira o prestarle orecchio quando è attizzata; elevarci in superbia e lasciarci dominare dalla crudeltà, piuttosto che abbassarci nell’umiltà e amare la mitezza.
Perché accusi dunque la tua natura, o uomo? È vero: l’età e le malattie sono un certo impedimento che la inceppa; ma proprio l’età fa maturare in noi i frutti più dolci, si dimostra più utile nei consigli, più pronta a sostenere la morte, più forte nel reprimere le voglie. La debolezza del corpo è salute per lo spirito. Perciò dice l’Apostolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12, 10): non della sua forza, ma della sua debolezza egli si gloria. Un insegnamento divino riluce anche da quest’altra parola di salvezza: «La forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2 Cor 12, 9). Si devono evitare quei “peccati di gioventù” che sgorgano dalla nostra volontà, come pure dai piaceri irragionevoli della carne. Non cerchiamo, dunque, fuori di noi la causa di ciò, di cui noi stessi siamo padroni; non attribuiamo ad altro, ma ammettiamo che dipende da noi. Infatti, quando ci determiniamo a qualcosa, che se noi non volessimo non saremmo costretti a fare, dobbiamo attribuirne a noi e non ad altri la responsabilità. Sono azioni malvagie solo quelle azioni che inceppano lo spirito con la colpa e aggravano la coscienza. Ma nessuno che ragioni dirà che è un male di cui si è responsabili la povertà, l’umile condizione, la malattia o la morte.
In Esamerone, 1,29-30.
Opera che contiene le Omelie pronunciate da Ambrogio nella Settimana Santa del 387.
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