Martinez: per vincere la crisi fraternità e coesione sociale

3 LUGLIO, 2021

Martinez: per vincere la crisi fraternità e coesione sociale

Parla il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo: il cristianesimo è la più eloquente riserva di speranza creatrice per il mondo. Dagli eetti della pandemia al cammino sinodale

Stiamo, sembra, finalmente uscendo dalla pandemia. Il Papa più volte ha sottolineato che «peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla». Cosa fare per evitarlo?

Provare a interpretare, comunitariamente, due “parole chiave” che hanno reso il Cristianesimo la più eloquente riserva di speranza creatrice per il mondo: fraternità e carità sociale. La pandemia ha conclamato una crisi spirituale che dall’inizio del nuovo millennio agita cuori e istituzioni, ma non si è di certo esaurita la gioia che promana dal Vangelo. Spetta a noi laici cristiani parteciparne al mondo bellezza e utilità comune; ma urge una nuova assunzione di responsabilità dinanzi a crescenti povertà morali, sofferenze sociali e familiari, difficoltà di trasmettere la fede. Fraternità e carità sociale vanno reinterpretate con una più marcata cifra spirituale, più che politica, altrimenti sprecheremo l’agognata ripartenza

Questa ripartenza chiama in causa sia l’impegno comunitario che la riflessione personale. Nella recente Convocazione del RnS lei ha parlato di una “cardiognosi”, cioè della necessità di conoscere il proprio cuore. Ci spiega meglio?

Il tema profetico proposto – «Un cuore nuovo. Uno spirito nuovo» (Ez 36, 26) – ci sfida: a che punto è l’amore di Dio nei nostri cuori e nel cuore del mondo? I nostri spiriti umani sono fecondati dallo Spirito di Dio? Deve attestarsi una nuova generazione di credenti capace di testimoniare che fuori dall’amore non c’è umanità, famiglia, gruppo. L’uomo è il più grande atto d’amore di Dio, ma è anche il rischio più grande che Dio stesso pone alla sua esistenza tra gli uomini. “Senza cuore” l’uomo è un destino senza amore, senza religione; ateismo è vivere senza cuore prima che senza Dio. Se ci apriremo a una conversione reale e profonda, allora sarà l’amore il vero vincolo sociale e il solo principio di armonia tra tutte le parti.

La sua relazione conclusiva partiva da san Paolo a Timoteo: “Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza ma di forza, di carità e di prudenza”. Cosa fare perché lo Spirito sia messo in grado di agire in noi?

Ci siamo soffermati sulla portata di queste quattro parole usate dall’Apostolo, che bene  interpretano il nostro presente. Quanti alibi mettiamo alla mancanza di coraggio, di amore, di sapienza, di slancio, specie quando i “tempi sono difficili”: sono tutti deficit di Spirito Santo, di fiducia e di sottomissione allo Spirito di Dio! Pertanto, auspicando una nuova “cultura della Pentecoste”, ho tratteggiato cinque espressioni dell’amore da incarnare: l’intimità dell’amore nel pregare; la fatica dell’amore nel credere; il successo dell’amore nel perdonare; la sfida dell’amore nel servire; la comunicazione dell’amore nel vivere.

La pandemia ha cambiato lo stile dei rapporti e la metodologia del lavoro di associazioni e movimenti. In pratica abbiamo assistito a una vera e propria trasformazione digitale dell’attività comunitaria. Solo un rimedio, un rattoppo oppure un insegnamento da applicare anche al ritorno della “normalità”?

Chiuse le chiese e impossibilitati a specificare la fede in termini comunitari, non potevamo stare a guardare. La “conversione digitale” del Rinnovamento ha avuto esiti incredibili: coinvolte 400 persone tra animatori, formatori, evangelizzatori, testimoni e tecnici da ogni parte d’Italia, per circa 4 ore di contenuti giornalieri. Nei soli mesi di marzo-dicembre 2020 abbiamo avuto circa 60 milioni di minuti visionati sui nostri canali social e raggiunto, in Italia e in 55 Paesi del mondo, persone lontane dalla Chiesa, famiglie duramente provate dal coronavirus. Le tecnologie applicate alla fede non potranno essere “sostitutive”, bensì “integrative” dell’esperienza comunitaria, sacramentale e carismatica, fondata su relazioni interpersonali. Ritengo che occorra conservare questo equilibrio, con speciale riguardo ai giovani e alle “lingue” della contemporaneità.

Lo scorso 11 giugno il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita con il decreto “Le associazioni di fedeli” ha stabilito un tetto massimo all’esercizio del governo centrale per le associazioni di fedeli e i movimenti ecclesiali. Come valuta questo documento? Quali i vantaggi? Cambierà anche la vita del RnS?

Il RnS è uno dei pochi movimenti a essere stato dotato dalla Gerarchia, sin dal 1996, di uno Statuto e di un Regolamento interno che prevedono elezioni a scadenze obbligate, limiti di mandati per i responsabili, partecipazione diretta di tutti i livelli locali e diocesani cui spetta la candidatura per l’elezione dei responsabili, vincoli stringenti per eventuali deroghe sempre statutariamente previste. Ciò, ad esempio, è avvenuto nel mio caso. All’inizio del quadriennio in corso, prima della pubblicazione del decreto, ho comunicato alle Autorità preposte di non rendermi più disponibile nella prosecuzione dell’incarico. Le decisioni del Papa si accolgono con rispetto e amore, anche quando potrebbero sembrare limitative delle libertà battesimali che regolano il discernimento comunitario. Lo Spirito Santo è sempre ordine, decoro, comunione; è sentire cum Petro et cum ecclesia. Saranno ora gli Organismi preposti a recepire le disposizioni e favorire le modifiche statutarie, laddove necessarie.

Il decreto si inserisce nella prospettiva di maggiore sinodalità che il Papa richiama. Anche la Chiesa italiana si avvia a un cammino sinodale. Qual è il contributo principale che associazioni e movimenti possono offrire?

Nel discorso introduttivo all’apertura dei lavori della 74^ Assemblea Generale della CEI, il Pontefice ha sottolineato che il Sinodo «deve cominciare dal basso in alto, nelle piccole comunità, nelle parrocchie; un processo che richiederà pazienza e lavoro, che deve far parlare la gente». Il Papa invoca quella saggezza che promana dal popolo di Dio, fatta di ferialità di fede, di comunione e d’impegno; i laici desiderano esprimere corresponsabilità e partecipazione attiva. Sinodalità fa rima con “insiemità”: ascoltare insieme lo Spirito e rimettersi insieme in cammino è la strategia d’uscita per una Chiesa che fa fatica a uscire da stessa, che non può attardarsi nel ridirsi e ridarsi a tutti con nuove proiezioni e realizzazioni.

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/intervista-a-martinez-rinnovamento-nello-spirito-santo

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