PAPA FRANCESCO E LA PACE IN 4 CONSEGNE

25 GENNAIO, 2023

AI MEMBRI DEL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE
PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI PER IL NUOVO ANNO

Città del Vaticano
Aula della Benedizione
Lunedì, 9 gennaio 2023

Il Santo Padre, ogni anno, all’inizio dell’anno, incontra gli Ambasciatori di tutto il mondo che rappresentano i rispettivi Paesi presso la Santa Sede. Una tradizione che anche Francesco onora, portando all’attenzione della politica mondiale i temi di maggiore attualità. Nel 2023 ricorre il 60° anniversario dell’Enciclica che san Giovanni XXIII volle dedicare alla pace (la guerra era scoppiata a Cuba e il mondo era sotto la minaccia nucleare): la “Pacem in terris”. Papa Francesco, pertanto, ha ritenuto di pronunciare all’indirizzo del Corpo Diplomatico un Discorso interamente centrato sul tema della “pace”.

Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario dell’Enciclica Pacem in terris di S. Giovanni XXIII, pubblicata poco meno di due mesi prima della sua morte (l’11 aprile 1963). Negli occhi del “Papa buono” era ancora vivo il pericolo di una guerra nucleare, provocato nell’ottobre 1962 dalla cosiddetta crisi dei missili di Cuba. L’umanità era a un passo dal proprio annientamento, se non si fosse riusciti a far prevalere il dialogo, consapevoli degli effetti distruttivi delle armi atomiche.

Purtroppo, ancora oggi la minaccia nucleare viene evocata, gettando il mondo nella paura e nell’angoscia. Non posso che ribadire in questa sede che il possesso di armi atomiche è immorale poiché – come osservava Giovanni XXIII – «se è difficile persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico» (Pacem in terris, 60). Sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti, tutti!

… Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti. L’esempio più vicino e recente è proprio la guerra in Ucraina, con il suo strascico di morte e distruzione; con gli attacchi alle infrastrutture civili che portano le persone a perdere la vita non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo… Non dobbiamo dimenticare poi che la guerra colpisce particolarmente le persone più fragili – i bambini, gli anziani, i disabili – e lacera indelebilmente le famiglie. Non posso che rinnovare quest’oggi il mio appello a far cessare immediatamente questo conflitto insensato, i cui effetti interessano intere regioni, anche fuori dall’Europa a causa delle ripercussioni che esso ha in campo energetico e nell’ambito della produzione alimentare, soprattutto in Africa ed in Medio Oriente.

La terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo ci porta a considerare altri teatri di tensioni e conflitti… Tutti i conflitti pongono comunque in rilievo le conseguenze letali di un continuo ricorso alla produzione di nuovi e sempre più sofisticati armamenti, talvolta giustificata «adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze» (Pacem in terris, 59) Occorre scardinare tale logica e procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte.

In un tempo così conflittuale, non possiamo eludere la domanda su come si possa ritessere i fili della pace. Da dove ripartire?

Per abbozzare una risposta, vorrei riprendere con voi alcuni elementi della Pacem in terris, un testo estremamente attuale pur essendo mutato gran parte del contesto internazionale. Per San Giovanni XXIII, la pace è possibile alla luce di quattro beni fondamentali: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà. Sono questi i capisaldi che regolano sia i rapporti fra i singoli esseri umani che quelli fra le comunità politiche (cf. Pacem in terris, 47).

Pace nella verità

Costruire la pace nella verità, significa anzitutto rispettare la persona umana, con il suo «diritto all’esistenza e all’integrità fisica» (Pacem in terris, 6)… La pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto “diritto all’aborto”. Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa. Faccio, dunque, appello alle coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente di quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani. Vi è una precipua responsabilità degli Stati di garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza.

La pace esige anche che sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa. È preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e sono molti i Paesi in cui la libertà religiosa è limitata. Circa un terzo della popolazione mondiale vive in questa condizione. Insieme alla mancanza di libertà religiosa, vi è anche la persecuzione per motivi religiosi. Non posso non menzionare, come alcune statistiche dimostrano, che un cristiano ogni sette viene perseguitato… Nello stesso tempo, è bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza. La libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione. La libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione.

Pace nella giustizia

Costruire la pace esige che sia perseguita la giustizia… Tanto bene si può fare insieme, basti pensare alle lodevoli iniziative destinate a ridurre la povertà, ad aiutare i migranti, a contrastare i cambiamenti climatici, a favorire il disarmo nucleare e ad offrire aiuto umanitario. Tuttavia, in tempi recenti, i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente. C’è il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di “progresso”, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza.

Inoltre, risorse sempre maggiori sono state impiegate per imporre, specialmente nei confronti dei Paesi più poveri, forme di colonizzazione ideologica, creando peraltro un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie. Ciò ha affaticato il dibattito interno alle Organizzazioni internazionali, precludendo scambi fruttuosi e aprendo spesso alla tentazione di affrontare le questioni in modo autonomo e, conseguentemente, sulla base di rapporti di forza.

Pace nella solidarietà

Ho posto in evidenza come la pandemia di Covid-19 lasci in eredità «la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri» (56^ Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2023). I sentieri della pace sono sentieri di solidarietà, poiché nessuno può salvarsi da solo. Viviamo in un mondo talmente interconnesso che l’agire di ciascuno finisce per avere ripercussioni su tutti.

In questa sede, vorrei sottolineare tre ambiti, nei quali emerge con particolare forza l’interconnessione che lega oggi l’umanità e per i quali è particolarmente urgente una maggiore solidarietà.

Il primo è quello delle migrazioni, che interessa intere regioni della Terra. Molte volte si tratta di persone che fuggono da guerra e persecuzione, affrontando pericoli immensi… La migrazione è una questione per la quale “procedere in ordine sparso” non è ammissibile. Per comprenderlo basta guardare al Mediterraneo, divenuto un grande cimitero. Quelle vite spezzate sono l’emblema del naufragio della nostra civiltà… Nello stesso tempo, la solidarietà esige che le doverose operazioni di assistenza e cura dei naufraghi non gravino interamente sulle popolazioni dei principali punti d’approdo.

Il secondo ambito riguarda l’economia e il lavoro. Le crisi succedutesi negli ultimi anni hanno posto in evidenza i limiti di un sistema economico teso più a creare profitto per pochi che opportunità di benessere per molti; un’economia maggiormente tesa al denaro che non alla produzione di beni utili. Ciò ha generato imprese più fragili e mercati del lavoro altamente iniqui. Occorre ridare dignità all’impresa e al lavoro, combattendo ogni forma di sfruttamento che finisce per trattare i lavoratori alla stregua di una merce, poiché «senza lavoro degno e ben remunerato i giovani non diventano veramente adulti e le diseguaglianze aumentano».

Il terzo ambito è la cura della nostra casa comune. Abbiamo costantemente davanti a noi gli effetti dei cambiamenti climatici e le gravi conseguenze che essi hanno sulla vita di intere popolazioni, sia per le devastazioni che talvolta producono…

Pace nella libertà

Infine, costruire la pace esige che non via sia posto per «la lesione della libertà, dell’integrità e della sicurezza di altre nazioni, qualunque sia la loro estensione territoriale o la loro capacità di difesa» (Pacem in terris, 66). Ciò è possibile se in ogni singola comunità non prevale la cultura della sopraffazione e dell’aggressione, che porta a guardare al prossimo come ad un nemico da combattere piuttosto che ad un fratello da accogliere ed abbracciare.

Desta preoccupazione l’affievolirsi, in molte parti del mondo, della democrazia e della possibilità di libertà che essa consente, pur con tutti i limiti di un sistema umano. Ne fanno tante volte le spese le donne o le minoranze etniche, nonché gli equilibri di intere società in cui il disagio sfocia in tensioni sociali e persino in scontri armati.

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