12 APRILE, 2022
La guerra fratricida scoppiata nel cuore dell’Europa cristiana attesta la profonda crisi spirituale che attraversa il cuore delle istituzioni, delle culture, dei popoli.
Una guerra figlia della decadenza spirituale
Spesso siamo indotti in errore nel ritenere che la nostra vita cristiana sia già completa in tutto, mentre ogni invocazione dello Spirito deve indurci a ritenere che abbiamo bisogno di completamento, di perfezionamento, di rinnovamento. È per questa ragione che viviamo nel “regime dello Spirito” (cf Rm 7), dunque a esperimentare la permanente conversione allo Spirito Santo, per godere degli effetti dell’effusione dello Spirito Santo. Ogni incontro con la persona dello Spirito Santo ci dona la possibilità di “rinascere dall’alto”, di abbracciare una vita nuova, non meno di quanto Gesù propose a un rabbì morigerato e ben praticante come Nicodemo (cf Gv 3, 1-15). Ogni carisma di cui il mondo ha bisogno e che, nel tempo della crisi invochiamo, è generato dallo Spirito e genera lo Spirito. Nel tempo della prova, che vede infestato il cuore della nostra Europa cristiana da una orribile guerra fratricida tra russi e ucraini, siamo solidali con i nostri fratelli nella fede e con quanti soffrono l’infamia di Cristo, la dimenticanza di Cristo, l’espulsione di Cristo. Attratti dal grido di chi invoca giustizia e non la trova, vogliamo insieme rinnovare la nostra fede nello Spirito Santo, nella sua unzione carismatica sempre causa di nuovi esiti, di nuove ispirazioni, di nuovi invii. Quanto sta accadendo nell’Ucraina cattolica, ortodossa ed evangelica, attesta in modo incontrovertibile la crisi spirituale che attanaglia il Continente dall’avvento del primo secolo del nuovo millennio. Certo è che stiamo assistendo all’irrilevanza morale della fede cristiana nelle nostre istituzioni politiche e civili, le quali vivono una profonda decadenza spirituale. L’emorragia di cristiani che attraversa Occidente e Oriente deve essere letta come una resistenza allo Spirito Santo che sta chiamando a conversione gli uomini e le donne del nostro Continente, un’Europa irrimediabilmente segnata dall’identità cristiana, da una fede inculturata in ogni ambito della nostra vita umana associata.
Il rivoluzionario piano dello Spirito
Il Cristo morto e risorto ha bisogno di testimoni che lo hanno incontrato, di uomini e donne che lo hanno conosciuto intimamente, proprio attraverso la forza dello Spirito Santo. È questa forza, che nulla ha a che fare con le forze umane: la forza del potere, del denaro, della tecnica, delle armi, delle culture dominanti avverse alla dignità umana. Questa forza è quella “potenza dall’alto” (cf At 1, 8) con la quale il Cristo aveva promesso di “rivestire” i suoi discepoli e che si riversò sui credenti presenti a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, la stessa che ancora continua a manifestarsi nella Chiesa, con abbondanza di segni. È forza divina, quella che scaturisce dalla Pentecoste, avvenimento da sempre umiliato dall’orgoglio umano; forza divina, la sola che nello Spirito Santo unisce ciò che è diviso, allarga frontiere di pace, conduce gli uni verso gli altri, placa tutte le guerre che nascono nel cuore dell’uomo”. Sì, come ricorda Gesù, proprio nel cuore dell’uomo che, contaminato dal male, poi contamina la storia. Dunque, una “guerra interiore”, che mai si placherà dentro di noi sino all’ultimo dei nostri giorni, che sola può essere risolta dallo Spirito in una vera conversione a Dio. La storia umana, col suo fardello tragico e le sue imprevedibili incognite, ma anche con le sue promesse e le sue chances, è avvolta, penetrata e orientata dall’amore della Trinità, quale offerta di verità e di grazia alla libertà umana: lo sguardo d’amore del Padre, la solidarietà abissale del Figlio che ha fatto suo ciò ch’è nostro e nostro ciò ch’è suo, sino all’abisso dell’abbandono, e il gemito dello Spirito Santo, che trasfigura nelle doglie d’un parto cosmico il dramma della storia (cf. Rm 8,19-22). Lo Spirito, fonte della speranza, continuamente dischiude l’avvento dell’amore di Dio nel segreto dei cuori, quale principio di liberazione e d’incontro tra Dio e gli uomini nella storia. Non accanto o al di là di essa, ma dentro di essa. Come il sale che dà sapore, il lievito che fermenta la pasta (cf. Mt 13, 33), il seme che cade in terra, marcisce e muore e così dà molto frutto (cf. Gv 12, 24). Lo Spirito Santo ha suscitato oggi Papa Francesco, così come Leone XIII alla fine dell’Ottocento, per ricordarci che soprattutto nei momenti più bui della storia lo Spirito Santo lavora, provoca, chiama, libera, guarisce, elegge, forma uomini e donne carismatiche, attrezzandoli nel grande combattimento spirituale che segna il tempo della crisi. Sì, lo Spirito parla, grida alle coscienze e dischiude nuovi orizzonti testimoniali, di preghiera, di discernimento, di pace, di giustizia e di fraternità per tutti gli uomini. Lo Spirito Santo sempre ricolma il popolo di Dio di nuovi carismi e ministeri, perché ci sia provvidenza d’amore per la Chiesa e per il mondo; provvidenza di testimonianza, di annuncio, di servizio. È lo Spirito Santo che ci sta chiedendo di amare di più questo tempo ferito dalla paura di vivere e di morire; tempo agitato, contraddittorio, legato dai lacci del maligno che produce confusione, divisione e morte del genere umano. Nell’Omelia alla Celebrazione Penitenziale e Atto di Affidamento al Cuore Immacolato di Maria, Papa Francesco ha affermato: “Noi da soli non riusciamo a risolvere le contraddizioni della storia e nemmeno quelle del nostro cuore. Abbiamo bisogno della forza sapiente e mite di Dio, che è lo Spirito Santo. Abbiamo bisogno dello Spirito d’amore, che dissolve l’odio, spegne il rancore, estingue l’avidità, ci ridesta dall’indifferenza. Quello Spirito che ci dà l’armonia, perché Lui è l’armonia. Tante cose domandiamo al Signore, ma spesso dimentichiamo di chiedergli ciò che è più importante e che Lui desidera darci: lo Spirito Santo!”
La triplice effusione dello Spirito
Gesù, nel Cenacolo, prima di andare incontro alla Sua passione, dello Spirito Santo dice: “Rimane con voi e sarà in voi” (cf Gv 14, 17). È proprio così. Nessuna crisi che l’uomo attraversa e che la società vive può indebolire questa verità della fede. Non resta che rientrare in se stessi e rivalutare la forza del silenzio che permette l’ascolto, per lasciare interloquire lo Spirito. Questo suo amore inquieta perennemente il cuore fino a quando non raggiunge la contemplazione della bellezza di Dio, che dona serenità e pace. Abbiamo necessità di tornare allo Spirito, se lo abbiamo trascurato, e lasciarci permeare da un amore nuovo, vivo, che non muore, perché “effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (cf Rm 5, 5) . Efficacissimo il commento di San Gregorio Magno: “Nel tempo presente la grazia dell’effusione dello Spirito che ci viene concessa solleva il nostro animo dal modo carnale di pensare e lo esalta fino a fargli disprezzare le cose che passano… Quando seguiamo questo Dio, mediante i segni dei suoi doni, ci viene dato si scorgere solo le insegne di quel cammino attraverso il quale procediamo verso quel Dio che ancora non vediamo. Tali insegne non possono essere comprese: esse sono costituite da quei doni dello Spirito di Dio. Dei quali non si sa né donde, né dove, né in quali modi vengano” (in “Moralia in Job). Abbiamo bisogno di ritornare alla “lezione” di Pentecoste, perché la Chiesa sia sempre casa di Cristo riempita della fragranza dello Spirito, luogo in cui arde un “fuoco inestinguibile”, dal quale sorge la voce di Dio che interpella e manda, come Mosè dinanzi al “roveto ardente” (cf Es 3, 2.9-10), perché non rimanga inesaudito il desiderio “pentecostale” di Gesù: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12, 49). Abbiamo bisogno di ritornare alle Scritture, a ciò che i Vangeli ci dicono dell’effusione dello Spirito.
* È effusione dello Spirito ai piedi della croce (cf Gv 19, 30). Non c’è carisma che non nasca come risposta provvidenziale dello Spirito a una crisi, a un male, a un bisogno del tempo, a una situazione di emergenza. È l’irrompere di un calore, di una luce, di un affetto che Dio manifesta nella storia attraverso un uomo, una donna. Si staglia questa novità come un fuoco che si accende e che non può che essere visto. Ma c’è la croce, dunque un segno di contraddizione per il mondo, come lo sono molti carismi.
* È effusione dello Spirito in una casa (cf. At 2, 1-4). In un cenacolo, in una comunità fioriscono i carismi, così come essi possono appassire. Nasce una compagnia; si genera una nuova disponibilità a servire Dio e i fratelli e i carismi divengono causa di rigenerazione di una comunità. La comunità è il luogo dove il carisma si preserva, si alimenta, si perfeziona, si purifica, si completa, si riconcilia, si armonizza.
* È effusione dello Spirito in una piazza (cf. At 2, 5-41). Nella storia, la piazza, i carismi progrediscono, si diffondono, permettono che ci si incarni come “laici cristiani”, per testimoniare la libertà che viene dallo Spirito (cf. 2 Cor 3, 17), così da colmare il bisogno di identità cristiana che discende dal deficit di fisiologia pentecostale propria della nostra fede cristiana. Occorre coscientizzare e accogliere veramente l’effusione pentecostale dello Spirito e il dinamismo testimoniale che essa comporta, tornando a riparare, rieducare, ricreare questo nostro tempo.
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