Prefazione del Libro “Sorella Santità”

“Sorella santità”. Così è titolato il testo che volentieri mi è dato di presentare. Di cosa è “sorella” la santità? Dell’amore!

La santità vige nella vita di un credente in simbiosi con l’amore, di cui è il volto più seducente. Odora di vita, la santità, di una vita che non ha pari, confini, durata, poiché si tratta di vita eterna, come eterno è l’amore di Dio che ci mantiene vivi. Fuoco è la santità: inestinguibile, divorante, trasformante, vorticosamente proiettata verso l’alto, seppure ben piantata nella storia degli uomini.

Ben lo illustra il presbitero e teologo svizzero Hans Urs von Balthasar: “L’amore di Dio è un fuoco divorante. Fa’ attenzione: egli comincia con un piccolo amore, con una piccola fiamma e, prima che tu te ne renda conto, ti tiene già tutto e sei prigioniero. Se ti lasci prendere, allora sei perduto, perché non ci sono altri limiti verso l’alto. Egli è Dio, è abituato all’infinito. Ti risucchia in alto come un ciclone, ti vortica su e giù come una tromba d’acqua. Pensaci bene: l’uomo è fatto secondo misura e limite, e solo nella finitezza egli trova pace e felicità; ma Dio non conosce misura. È un seduttore di cuori” (in “Il cuore del mondo”).

Attenzionare questo tema nel Tempo di Quaresima, lasciandosi scrutare e giudicare dalla vita di gente come noi, che ha preso sul serio il Vangelo e la santità non ha solo idealizzato o accarezzato, significa decidere di mettere a morte la mediocrità del nostro vivere, l’insignificanza di una fede fatta di ideali fuori dalla realtà, l’irrilevanza di una carità che scansa la fatica del donarsi senza riserve.

Le sante vicende umane che il testo illustra sono un invito esplicito a ritrovare la forza della testimonianza, il calore della fraternità umana, a contemplare il volto sfigurato di Dio nei tanti nostri simili che a noi si approssimano. In fondo, un invito a ritornare ad essere un po’ mistici, nel solo senso autentico di “innamorati del mistero”, del Dio fatto uomo, vivente e operante nella misura in cui io sono il prolungamento storico della sua incarnazione.

Ci fa bene riconoscere la santità ordinaria tra la gente – proprio come Fra Onofrio si propone di fare, riuscendo nell’impresa – leggendo e imparando dai protagonisti di questo libro: 45 donne e uomini “tutti d’un pezzo”, che si sono fatti segni di contraddizione per i loro atteggiamenti profetici, profondamente incarnati, perché mistici e immersi nel mistero di Dio potentemente “svelatosi” nelle loro vite.

Chiediamoci: chi sono i santi? Sono credenti sinceri, che profumano di vita nuova; un odore che non scordi, che ti penetra dentro il cuore e che ti ispira il desiderio di Dio, la nostalgia del Signore, una spinta a volergli bene ancora di più. San Paolo è esplicito a proposito: il cristiano è, dinanzi a Dio e agli uomini, “profumo di Cristo” (cf 2 Cor 2,15); tutta la vita di un cristiano è “un profumo di soave odore, un sacrificio gradito a Dio” (cf Fil 4,18).

Uomini e donne “integrali” sono i santi, invincibili nelle loro convinzioni, dediti a inculturare la fede grazie ai carismi di cui lo Spirito Santo li ha dotati; del resto, non si è “donati” nel nome del Signore se non si è “dotati” dal Signore!

I santi sono coscienze critiche della società di ogni tempo, del loro tempo, nell’esperienza di una profonda inquietudine apostolica che solo nell’amore di Gesù e nell’amare alla maniera di Gesù trova pace. Un amore agapico, itinerario teologico fatto di passione, di sentimenti, di emozioni, esperimentate ogni giorno nella fatica di spogliarsi di sè. In fondo, “la felicità non sta nell’essere amati: questa è soltanto una soddisfazione di vanità mista a disgusto. La felicità è nell’amare”, ricorda il grande letterato tedesco Thomas Mann (in “Tonio Kröger”).

Il santo è un uomo, una donna, il cui istante d’amore vale più di cinquanta anni di adorazione senza amore; ma quanto è ardua questa arte d’amare! È per questo che lo Spirito Santo provvede, mettendo lungo il nostro cammino figure di sante e di santi. Sì, difficile arte, ma necessaria al genere umano!

Il critico letterario e poeta italiano Arturo Graf, convertito al cristianesimo negli ultimi anni della sua vita, affermava: “Per imparare certe cose, bisogna saperne disimparare certe altre”. Un aforisma efficace, che ben si addice al tempo quaresimale, nel quale siamo chiamati a “svestirci” di tutto ciò che non è di Cristo, che non piace a Cristo, che non comunica Cristo: rumori, chiacchiere, distrazioni, superficialità che appesantiscono la voce sincera della coscienza; e poi, il distacco dalle cose secondarie e la fedeltà alla causa umana, senza tradimenti e svilimenti di senso e di volontà divine.

“Dio ci guardi dai santi”, ironizzava lo scrittore cattolico francese Georges Bernanos nel suo “Diario di un curato di campagna”, tanto ci appaiono scomodi e inarrivabili. Ma quanto bisogno di santi ha il nostro tempo! Di persone vere in un tempo finto, fatto di fiction che alienano dalla realtà e rendono il male verosimigliante al bene, confondendo e illudendo i più deboli. Persona vera, il santo, che non fa spettacolo di sé, ma che pone con la propria vita in bella mostra Cristo e il suo Vangelo (guai a dimenticare che “Dio non si dimostra, ma si mostra”, come del resto fa il vero Amore).

Il popolo di Dio è stanco di parole e di prediche, se la vita non parla più delle parole, se non è agganciata e trasformata dalla Verità che si annuncia. Il popolo di Dio di fronte alla santità vissuta ancora crede, s’inginocchia, si converte, alza gli occhi verso il cielo. Attenzione: è falso dire che la gente vive ormai ignara delle realtà soprannaturali. In apparenza è così; in realtà se un santo – vivo o morto – passa o è ricordato, tutti ancora accorrono, si commuovono, trovano ispirazione per la propria vita!

È santo chi entra nella logica del dare, sempre, per primo, comunque. Meglio ancora, del darsi. Ben ce lo illustra Raoul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi, che così racconta: “Ho sognato un uomo che si presentava al giudizio di Dio: «Vedi, mio Signore – gli diceva – io ho osservato la tua legge; non ho fatto nulla di disonesto, di cattivo o di empio. Signore le mie mani sono pure. Senza dubbio – gli rispondeva il buon Dio – ma le tue mani sono anche vuote”.

Sembra fargli eco, insospettabilmente, il nostro Premio Nobel Luigi Pirandello, evocato spesso per il suo pessimismo cosmico. Un giorno, ispirato dallo Spirito, scrisse una frase profondamente evangelica: “Se stringi le mani per prendere, prendi poco, sempre; se le apri per dare e accogli tutti in te, prendi tutto e la vita di tutti diventa la tua” (in “Nuova Colonia”).

San Giovanni Paolo II chiese a tutta l’umanità di guardare senza riserve e rinvii alla santità di vita, di pensiero, di parole e di opere. Inaugurando, infatti, il nuovo Millennio, così si espresse: «… E in primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quella della santità… Additare la santità resta più che mai un’urgenza pastorale» (Novo millennio ineunte, n. 30).

Ma è possibile la santità, oggi? Se dipendesse dall’uomo, sarebbe facile rispondere: “Roba per pochi fortunati!… Io? Non fa per me!”. In realtà essa dipende da Dio, dall’azione incessante dello Spirito in noi: «Io sono il Signore che vi vuole fare santi» (Lv 20, 8b).

Additare la santità è stare dalla parte di Dio, è auspicare che si realizzi il grande sogno di Dio: «Voi sarete santi» (cf 1 Pt 1, 16); un sogno “a cielo aperto” per ciascuno di noi. Dio vuole la nostra santificazione, “allo scopo di renderci partecipi della sua santità” (Eb 12, 10b). Ora, il suo è anche il nostro volere? Siamo disponibili a lasciarci “perfezionare” (santificare) da lui?

La santità è necessaria al mondo come all’uomo l’aria che egli respira: ecco perché san Giovanni Paolo II ieri e Francesco oggi non esitano a scommettere tutto sulla santità.

L’Esortazione apostolica di Papa Francesco “Gaudete ed Exsultate”, sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, è davvero una scelta di campo del Pontificato. Ad essa, provvidenzialmente, ricorre Fra Onofrio nel suo testo, cadenzando ogni ritratto di santo e di santa proposto con un brano scelto proprio dall’Esortazione. Una preghiera quotidiana, inedita, composta da don Giuseppe Ruffo per ogni giorno della Quaresima, sino alla Pasqua di Risurrezione, fa poi da chiusa a ogni paragrafo del libro.

Come non convenire sull’invito del Pontefice, che fa della chiamata alla santità un “segno dei tempi”; santità da «incarnare nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi “per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità” (Ef 1,4)» (GeE, 2).

Parole, queste, che devono infondere coraggio e gratitudine nel nostro cuore: è il Signore che sceglie! È il Signore che fa sorgere vocazioni, carismi, ministeri! È il Signore che manda ciascuno di noi a realizzare la Sua Parola! È il Signore che ci chiama a un servizio santo, nella Chiesa e nel mondo, per la Chiesa e per il mondo.

Del resto, come ripete Francesco, nessuno si salva da solo, come individuo isolato” (GeE, 6).

La nostra fede e la grazia che lo Spirito Santo ci procura, in ragione della nostra permanente conversione e fedeltà, devono divenire un discrimine tra coloro che “credono” e coloro che “cedono”, tra coloro che arretrano davanti alle mille fatiche, sofferenze, paure e fallimenti che, oggi, il covid-19, sta provocando nella vita delle famiglie e delle comunità e coloro che non perdono il passo e avanzano, coloro che pur cadendo si rialzano, non si lasciano cadere le braccia, non smettono di pregare e di seminare speranza creatrice, non cessano di operare il bene comune facendosi uno con chi è nella prova, con chi è povero e impoverito.

Il Papa è esplicito: «Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine quanto il servizio, tanto l’intimità quanto l’impegno evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo, tutti i momenti saranno scalini nella nostra via di santificazione» (GeE, 31).

Non si cammina in discesa! Salire i gradini della santità è anticipare il Cielo nelle nostre vite, è includere lo Spirito di Dio santificatore delle nostre anime e dei nostri corpi nel faticoso cammino in salita che ci rende umani e divini insieme, a imitazione di Gesù, Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio.

Auguro di cuore che questo libro possa essere fonte d’ispirazione e di coraggio per molti. Occorre davvero credere che la santità è assai più diffusa di quanto si immagini, anche se, spesso, non fa notizia. È quella «santità “della porta accanto”» (GeE, 7) che meravigliosamente si manifesta intorno a noi e che, ogni giorno, contagia vita buona, vita nuova nello Spirito.

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