Senza conversione comunitaria non c’è transizione ecologica
Senza conversione comunitaria non c’è transizione ecologica
A Taranto, francamente si torna a parlare delle nostre omissioni, dei nostri ritardi, delle nostre deleghe mal poste, dei disastri che i figli subiranno dalla condotta iniqua di tanti padri; coraggiosamente vengono disallineate politiche disumanizzanti, che in nome dello sviluppo e del benessere hanno tradito l’uomo e compromesso malevolmente il suo futuro. A Taranto verità storica e giustizia sociale sembrano procedere – finalmente – apparentate; come due donne che scoprono di essere sorelle e che mai come in questa ora avvertono il bisogno di camminare unite. Scopriamo quanto sia stato pericoloso isolare ogni idea umanitaria da una concezione spirituale e soprannaturale della vita sociale e associata; quanto sia stato stolto considerare la solidarietà, l’onestà, la prossimità, l’equità non legge di natura ma un affare dei cristiani. Dinanzi ai mali di un’economia che ammalando l’uomo si è ferita essa stessa mortalmente; dinanzi a decisori politici che hanno tentato di spodestare il Creatore illudendo le creature e danneggiando il creato, la Chiesa, con il suo Magistero petrino e con la sua ineguagliabile dottrina sociale (avanzino e portino le prove coloro che possono e sanno dire di meglio o di più), riguadagna nel tempo presente uno spazio di manovra e di credibilità unico, di profezia e di prassi straordinariamente provvidenziali. Una conferma viene dai nostri giovani – da non chiamare più “il futuro” – i quali tornano a guardare con interesse e con fiducia al tentativo di conversione degli stili di vita dei loro padri. Abbiamo smesso di pensare che i nostri figli fossero disinteressati alle parole fondamentali che riguardano la vita e la morte, attratti da altri banali o egoistici interessi. Così non è e vediamo come sanno spiegarci il futuro e prenderci per mano nel presente, se solo ne hanno la possibilità. E mentre noi “speriamo nel futuro” loro ci insegnano a “credere nel presente”. Occorre produrre ancora audaci e collettivi atti di moralità cristiana dinanzi a tutti i tentativi di banalizzare il male e di chiamare il male bene, permettendo allo Spirito di Dio di scrivere una “parola” decisiva nella coscienza ecclesiale del nostro tempo, parola ancora più esatta da una pandemia che ha stordito le menti e avvilito i cuori: conversione. Sì, conversione! Conversione dello sguardo, per vedere le tante ricchezze negate più che le povertà emergenti. Conversione del cuore, per amare di più Dio se vogliamo provare ad amare almeno un poco l’uomo. Conversione della mente, perché stiamo smettendo di pensare con la fede e di giudicare la storia per paura di essere giudicati. Conversione della volontà, senza aspettare che siano gli altri a fare per primi. Conversione delle relazioni, perché dobbiamo rifondare la legge di carità sociale se vogliamo essere capaci di umanità. E c’è una conversione, che tutte le altre accoglie, allena e feconda e che emerge bisognosa di cura: la conversione comunitaria. L’invito di Papa Francesco all’ardore di una conversione comunitaria non può essere disatteso: da Taranto può divenire la vera invariante sociale da cui tutti ripartire! Senza comunità la gente non tornerà a incontrarsi e lascerà la Chiesa. Senza comunità i credenti non potranno essere formati alle verità di Dio sull’uomo. Senza comunità non ci saranno nuovi carismi, santi, martiri e profeti. Senza comunità i nostri figli rinunceranno a fare famiglia, perché nelle loro case conosceranno sempre meno il vero Dio. La comunità è il luogo dove deve accasarsi e crescere una nuova cultura della vita, ecologicamente integrale e trascendente, come risposta dello Spirito alla transizione ecologica di cui il Pianeta ha bisogno.
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Carissima, Carissimo, ci sono cose che non programmi, eppure accadono. Talvolta non le immagini neanche e Ti sorprendono proprio perché avvengono.
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